Stavo cercando un finale corale per “Il più grande concerto sul mare” e mi è tornato in mente “Il canto dei Sanfedisti”. C’entra anche il fatto che sono innamorato di Ginevra di Marco, ma questa è un’altra storia.
Quella canzone aveva tutto quello che mi serviva: ritmo, enfasi, coralità. Era ripetitiva quanto basta da essere super facile da imparare in mezzo minuto. Perfetta da insegnare a un pubblico di ragazzi alla fine di un concerto.
Era perfetta.
Aveva solo un problema. Era un canto di lotta. Parlava di una rivolta popolare a Napoli, nel 1799.
Ma le canzoni sono di chi le canta e di chi le usa e a me serviva una canzone esattamente così che però parlasse di un concerto di pesci, in mezzo al mare Mediterraneo, di notte.
Quindi ho preso un rimario e ho riscritto il testo in modo che raccontasse la mia storia.
Poi sono andato in camera di Viola (anni 8 al tempo) e gliel’ho suonata, dicendole che l’avevo scritta io (e un po era vero). Lei mi ha detto che sì era bella ma che le sembrava di averla già sentita (quel disco lo conosce).
– Certo. È una canzone che esisteva già. Io le ho solo cambiato le parole.
Lei ha mollato la Barbie e mi ha guardato stupita.
– Cavoli. Ma si può fare?!?!
Sì. Si. Può, Fare.