La storia di come abbiamo iniziato a lavorare con Antonio Pumpo è lunga in pratica quanto quella di Perepepé. Nella primissima stagione, nel marzo 2015, quando ancora eravamo di casa alla scuola “A passi lievi” di Pavia era previsto lo spettacolo sulla musica araba con Beppe Grifeo al piano e Antonio Pumpo alle corde.
Beppe lo conoscevo di nome da tanti anni ma solo in quei mesi, gli ultimi per lui, ci eravamo incontrati per la prima volta. Oltre a essere un musicista di grande talento, apertura e sensibilità, Beppe aveva un sacco di storie da raccontare e se solo avessimo avuto più tempo, ne avrei ascoltate parecchie. Per esempio era l’unica persona di mia conoscenza ad aver suonato negli anni ’80 a un Festival jazz a Babilonia.
A Babilonia non so se mi spiego.
Insomma Beppe se ne andò troppo presto per suonare a Perepepé e fu allora che conobbi Antonio.
Napoletano, a Milano da trent’anni, Antonio è un viaggiatore della musica. Suona basso, chitarra e quasi tutte le “corde”, in particolare quelle della tradizione orientale mediterranea.
Antonio è una specie di Zelig.
Quando suona coi cubani lo scambiano per cubano.
Quando suona con i maghrebini, gli parlano in arabo.
Eppure Antonio (Toti) riesce a essere sempre intimamente e nobilmente napoletano.
Della serie che entriamo per caso in un ristorante a Milano, solo per prendere un caffè al volo prima dello spettacolo, e lui appena entrato fa i complimenti per il profumo di pesce (“Si capisce che qui lo sapete cucinare bene”), prende il biglietto da visita, promette di tornare presto e se non avessimo dovuto correre sul palco saremmo ancora lì a chiacchierare.
Al primo concerto di Perepepé si presentò con una giovanissima cantante berbera, in Italia solo da pochi mesi, accompagnata dai genitori. Parlavano pochissimo l’italiano ma ci capimmo benissimo. Io raccontai storie di oasi, beduini e cammelli. Lei, accompagnata dall’oud di Antonio, ci incantò con ninne nanne e filastrocche. Io mi sentivo esattamente come dieci anni prima quando scoprii il libro “All’ombra dell’ulivo”, solo che ora la musica accadeva davanti a me.
I bimbi di “A passi lievi” passarono il pomeriggio con noi tra le dune del deserto e con Antonio ci saremmo rivisti solo un anno dopo per questo nuovo spettacolo.
Antonio è l’unica persona che conosco che compare in un documentario prodotto da Al Jazeera.
Si tratta di “Quando la Musica Suona – Musica orientale con mani occidentali”, firmato dal regista Mohamed Kenawi, per Al Jazeera Documentary Channel.
Nel video Antonio suona oud e mandola algerina, parlando in napoletano… sottotitolato in arabo.