La verità è che anche per me Perepepé è ogni volta una lezione, uno spettacolo, un’esperienza.
E che mi dà la possibilità di scoprire nuove musiche, canzoni, generi musicali, nuovi straordinari musicisti.
Quello che poi io racconto, il filo che tendo tra la musica alle mie spalle e i bimbi e i ragazzini davanti a me, è qualcosa che deve rispettare tutti gli attori: il genere musicale, i musicisti, le canzoni, e soprattutto il pubblico. Io ogni volta che preparo uno spettacolo, torno a scuola, perché per quanto io sia curioso e onnivoro negli ascolti, scegliere ogni volta dei musicisti che vivono e suonano dentro quel genere musicale preciso da anni o decenni, significa andare a scuola da loro. Sto attento, alzo la mano, prendo appunti. Poi scrivo.
E le canzoni? No, ma vogliamo parlare delle canzoni o musiche che scopro e faccio scoprire con Perepepé?
E poi c’è l’aspetto battesimo.
Sì, i musicisti che lavorano con me lo sanno bene. Molto spesso, per un bimbo o una bimba, i nostri spettacoli sono il primo contatto con la musica dal vivo, nella sua totale e sconvolgente bellezza. Nel senso delle molecole di aria che da un violino arrivano alle orecchie: puro suono, inaudito nel senso proprio di mai udito da orecchie così imberbi.
Ma anche nel senso della figaggine della coolness del vedere dei veri musicisti all’opera.
Domani per esempio, portando i bimbi a conoscere il blues, avremo in scena tre strumenti e tre musicisti: chitarra, basso e batteria.
Ora, io se fossi un ragazzino al mio primo impatto con quella musica, domani, io morirei di desiderio. Desiderio di imparare, di suonare almeno uno di quei tre strumenti. E poi di salire su un palco, di fare ascoltare il mio suono, di fare il mio spettacolo, le mie canzoni, il mio groove, i miei assoli.
Io sono certo che domani si innamoreranno. Che qualcuno di loro alla fine penserà: io voglio suonare!
Che andrà dalla mamma a dire: Mamma quando mi compri la mia prima chitarra?
Sì io ne sono certo. Domani si innamoreranno.